Grass bench
Erba, pietra e acqua: dettaglio della panca Grass Bench, disegnata da Philippe Nigro per Pibamarmi (ph. Giovanni De Sandre)
«Intorno alla casa del signor Palomar c’è un prato. Non è quello un posto dove naturalmente ci dovrebbe essere un prato; dunque il prato è un oggetto artificiale, composto di oggetti naturali, cioè erbe. Il prato ha come fine di rappresentare la natura, e questa rappresentazione avviene sostituendo alla natura propria del luogo una natura in sé naturale ma artificiale in rapporto a quel luogo. […] Il prato è costituito di dicondra, loglietto e trifoglio. Questa la mescolanza in parti uguali che fu sparsa sul terreno al momento della semina. La dicondra, nana e strisciante ha presto avuto il sopravvento: il suo tappeto di foglioline tonde e morbide dilaga, gradevole al piede e allo sguardo. Ma lo spessore del prato lo danno le lance affilate del loglietto, se non sono troppo rade e se non le si lascia crescere troppo senza dargli una tagliata. Il trifoglio spunta irregolarmente, qua due ciuffi, là niente, laggiù un mare […].
Il prato per fare la sua figura deve essere una distesa verde uniforme: risultato innaturale che naturalmente raggiungono i prati voluti dalla natura. Il signor Palomar sta strappando le erbacce accoccolato sul prato. Un dente-di-leone aderisce al terreno con un basamento di foglie dentate, fittamente sovrapposte; se si tira il gambo, questo ti resta in mano mentre le radici permangono confitte nel terreno. […] Quando si comincia con lo sradicare una gramigna, subito se ne vede spuntare un’altra un po’ più in là, e un’altra, e un’altra ancora. In breve, quel lembo di tappeto erboso che sembrava richiede solo pochi ritocchi, si rivela una giungla senza legge», (Italo Calvino, Palomar, Torino, Einaudi, 1983, pp. 34-36).
Il prato del signor Palomar ci consegna l’idea di una natura antropizzata multiforme e complessa, naturale e artificiale al contempo, protagonista della nostra quotidianità come teatro dell’eterna lotta tra regola ed eccezione, tra realtà antitetiche pronte a disputarsi il governo sulle forze vitali in continua rigenerazione. Oggi più che mai le norme primigenie della biosfera e i modelli culturali dell’uomo entrano in un rapporto dialettico, a tratti drammaticamente problematico, e la nostra esigenza di riacquistare un rapporto di vicinanza e confidenza con la natura diventa sempre più urgente ed importante. Tale bisogno si manifesta anche nel proliferare di un design che tenta di catturare presenze viventi del regno vegetale da sovraimporre o da incastonare in oggetti d’uso o di arredamento, perpetuando l’antica interazione tra uomo e natura fatta di appartenenza, complicità, dominio.
La grande panca litica Grass Bench è un oggetto pensato per portare un pezzo di natura - o meglio della rappresentazione di tale natura, ordinata in apparenza, in realtà inquieta e caotica - negli spazi urbani, o all’interno dei luoghi dell’abitare contemporaneo. La seduta, di recente firmata da Philippe Nigro per Pibamarmi e in mostra allo spazio Monocromo durante il prossimo MADE Expo, si offre infatti allo sguardo e alla fruizione come un vassoio orlato di superfici in pietra, a contenere una zolla erbosa da osservare, toccare, curare; o sulla quale camminare o sdraiarsi.
La pietra è grigio-azzurra, liscia, setosa al tatto, inanimata; il prato è di un verde uniforme, è compatto e di spessore costante… ma è vivo e anche noi sappiamo, come Palomar, che ben presto - se lasciato libero di crescere - il prato di Grass Bench vegeterà, vincolato solo dal bordo lapideo, perdendo l’iniziale omogeneità per trasformarsi finalmente in una proliferazione spontanea di specie vegetali aggregate.
di Davide Turrini